Tra le pieghe del tempo e dei racconti popolari, oltre alla celebre leggenda di Pizzomunno e Cristalda, Vieste custodisce anche un’altra struggente storia: la leggenda di Angelina, giovane nobile viestana che si tolse la vita per amore.
Questa leggenda è giunta a noi anche grazie alla penna di Antonio Fazzini, scrittore viestano nipote di Lorenzo Fazzini, che nell’Ottocento ne fece un racconto dallo stile romantico e profondamente emotivo, pubblicato sul periodico napoletano “Poliorama Pittoresco” con il titolo “La suicida del Gargano” e disegni di Molino
La narrazione si apre con una scena notturna: il nocchiero, durante la traversata tra Manfredonia e Vieste, racconta la tragica storia della giovane che per amore perse la vita. Fazzini ci regala una descrizione intensa del paesaggio garganico, reso ancora più struggente dalla malinconica cantilena che accompagna il racconto:
“Passeggier, che vai / D’Adria solcando le pacifiche onde, / Ora un’ombra verrà spargendo lai / Sopra il Ciel, sopra il mare e sulle sponde…”
Con delicatezza, lo scrittore racconta l’amore contrastato, il sacrificio, l’orgoglio paterno, la disperazione e il pentimento. La figura di Arrigo, tornato troppo tardi e incapace di affrontare la perdita, si dissolve nella leggenda: si dice che ogni notte si aggiri vestito da pellegrino sulla tomba della sua amata.
Un amore impossibile

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Angelina, unica figlia del Barone di Vieste, era amata da tutto il popolo per la sua bellezza e bontà. Il suo cuore però apparteneva a Arrigo, giovane valoroso ma di origini umili, comandante delle navi destinate alla difesa della città. Il padre di lei, burbero e altezzoso, ostacolava la loro unione, preferendo darla in sposa a un signore di rango superiore.
Nonostante le minacce e i tentativi di separazione, il sentimento tra i due cresceva in segreto. Ma il destino era pronto a colpire. Mentre il paese celebrava una festa, il mare portò presagi di sventura: una flotta saracena si avvicinava. Arrigo salpò con le sue navi, lasciando Angelina ad attenderlo tra speranza e paura.
La tempesta e la disperazione
La battaglia si consumò in mare, ma la furia degli elementi cancellò ogni traccia: “Il mare torbido e spumeggiante sbalzava monti di acque sulle rupi… un diluvio di acque che scende… ci tolse la vista delle armate”. Angelina, sconvolta, scrutava il mare dal pianerottolo del castello, mentre fulmini e pioggia la colpivano anche fisicamente, ustionandola sul lato destro del corpo.
Nei giorni seguenti, nessuna nave fece ritorno. Un vecchio pellegrino giunto da Terra Santa riferì che Arrigo e i suoi erano prigionieri, avevano rinnegato la fede e sposato donne arabe. Per Angelina fu troppo: “Per lui disobbedii mio padre… e egli ha rinnegato la fede dei padri”. Così decise di morire.
Il salto dalla Roccia
Salì sullo scoglio della ripa chiamato “pietra dell’innamorata” , rupe che ancora oggi si affaccia sul mare profondo e si gettò tra le onde. Il suo corpo venne ritrovato dai pescatori, ancora bello nonostante la morte. “Le campane del paese con lugubri tocchi… lamentavansi anch’elle al tramonto di quell’angelica fanciulla”.
Il ritorno di Arrigo
Proprio quel giorno, Arrigo e i suoi uomini rientrarono in porto. Quando seppe della morte di Angelina, egli scomparve per sempre. Si racconta che nelle notti serene, un uomo vestito da pellegrino sieda sotto un salice presso la tomba di lei, piangendo in silenzio.
“Passeggier, che vai / D’Adria solcando le pacifiche onde, / Ora un’ombra verrà spargendo lai / Sopra il Ciel, sopra il mare e sulle sponde…”